Recensione di “SOTTO IL SOLE D’ITALIA” di D. H. Lawrence

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Carissimi lettori,

oggi vi parlerò di “Sotto il sole d’Italia di David Herbert Lawrence, uno dei miei ultimi acquisti su IBS. Si tratta di un libricino di meno di 100 pagine, edito da Elliot, contenente all’interno tre racconti frutto del periodo più maturo e consapevole dell’autore. Di ognuno vi riporterò un breve passo che mi ha colpito. 

Il primo si intitola “Mercurio” e narra di un episodio avvenuto sull’omonimo monte, dove gli uomini che vi si sono recati sono improvvisamente messi alla prova , quasi a voler ricordare loro la superiorità del divino e delle forze della natura rispetto alla loro umanità. Personalmente non ho amato questo racconto, troppo breve , seppure conciso.

“Non c’era proprio niente da fare. Non c’era niente da fare da nessuna parte, nulla che si potesse fare.

Perché dunque salire in cima a Monte Mercurio? Tanto, non c’è niente da fare.

Che importa? È come fare un passo fuori dal mondo. Bruci pure tutto laggiù! Qui sulla cima di Monte Mercurio  noi non ci accorgiamo di niente. Non ci preoccupiamo neppure di raccogliere i mirtilli polposi e bruni. Ce ne stiamo distesi a osservare i tronchi schietti come la pioggia che pendono come note musicali tra i due mondi.

Così passano le ore: la gente cammina qua e là, poi scompare, ricompare. Tutto è bollore, tutto è silenzio. Questa umanità ormai raramente parla ad alta voce.”

Il secondo si intitola “Sole” e narra di Juliet, una donna borghese americana che, da quando ha dato alla luce il suo bambino, diviene insofferente alla vita matrimoniale e alla vita in generale. Così il medico le ordina di eseguire i “bagni di sole”. È così che Juliet parte alla volta della Sicilia, per recuperare un po’ di salute e serenità. Qui riscopre se stessa, tra l’incanto della natura e una sessualità recondita, che non sapeva di possedere. È così che nasce in lei un desiderio spropositato per un contadino, che per lei rappresenta tutto ciò che non è il marito:la mascolinità,la passione, la sensualità e la sicurezza tipici di un uomo mediterraneo in continuo contatto con la terra e la natura, messi a confronto col grigiore,il pallore e la convezionalità tipici del marito borghese medio. Alla fine la donna dovrà fare una scelta: concedersi spudoratamente agli istinti animali o soffocarli. Ecco, questo racconto l’ho apprezzato molto di più rispetto al primo, in quanto oltre ad essere più lungo e più sviluppato, mi ha fatto capire in modo più chiaro il tema che voleva affrontare l’autore: il contrasto città-campagna, la riscoperta del proprio corpo e della natura e il potere della sessualità. Non so se sia corretto come paragone, ma mi ha fatto pensare in parte a “La lupa “ di Giovanni Verga, in parte al film “Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare di agosto” dove un passionale e brutale Giancarlo Giannini e una sgorbutica e snob Mariangela Melato si ritrovano a dover sopravvivere su un’isola sperduta,riscoprendo la loro natura selvaggia grazie alla solitudine del luogo. Tuttavia, mi aspettavo un approfondimento della storia e un finale diverso.

“La commozione della partenza l’aveva scossa emotivamente, e il pugnale che le si era conficcato nell’anima le penetrò ancora più nel profondo.

Insieme guardarono il figlio che riposava, e gli occhi del padre si inumidirono. Ma gli occhi umidi contano poco; conta invece il profondo, il tenace ritmo dell’abitudine, le consuetudini di anni, di una vita, le pulsioni del potere.

E nelle loro due esistenze le pulsioni del potere erano ostili.

Erano due motori che non corrono all’unisono, ma si precipitavano l’uno sull’altro mandandosi in  frantumi.”

Il terzo racconto si intitola “L’uomo che non muore” e si tratta di una rielaborazione di una storia tradizionale yiddish, lasciata però incompiuta dall’autore e pubblicata postuma. Anche in questo caso si crea un’occasione per contrapporre il divino all’umano. Personalmente non l’ho apprezzata, nonostante ci sia dietro un significato.

“A un certo punto scorse dentro la venuzza un alito debolissimo e capì che si trattava del soffio della vita. […] aveva visto il primo alito della crescita dell’uomo che non muore.”

In generale, sono rimasta un po’ delusa dal mio acquisto ( soprattutto perché ho comprato questo libro al posto de “Il conte di Montecristo”, ma non vogliatemene, recupererò presto!). Mi dispiace non aver apprezzato la mia prima lettura di approfondimento di questo autore così famoso , ma non è proprio stata in linea coi miei gusti, nonostante sia stata accalappiata dalla trama. Una cosa che sicuramente ho imparato è che d’ora in poi controllerò sempre la lunghezza delle pagine! Tuttavia non demordo, e spero di rifarmi presto con il più noto “L’amante di Lady Chatterley”.

A presto,

Vostra Chiara

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